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MOMMY

winner project of the 4'th prize for "multimedia" naba contest 2016

“Amiamo nostra madre quasi senza saperlo, e solo al momento della separazione
ultima ci rendiamo conto della profondità di questo amore.”
Guy De Maupassant


Questo progetto nasce con il personale intento, forse anche un po’ infantile, di esorcizzare mia madre; di farlo proprio in quanto “madre”, figura ancestrale, mito del femminile, generatrice di incubi ricorrenti e barriere insormontabili.
“Amore morboso di madre assassina / tentacoli di sentimento, dannazione / storia di madre già scritta / bambino condannato per amore / a morte certa, appena nato”
scriveva Jim Morrison. Volevo spogliarla delle sue inesorabilmente tiranniche vesti genitoriali, conscia del fatto che per farlo avrei dovuto spogliare me stessa da quelle sempre fin troppo scomode di figlia. Avrei voluto guardarla con gli occhi di nuovo vergini di chi non conosce frustrazione, rancori, rabbia, gelosie, paure. Osservarla dall’esterno come persona a sé stante, nella sua individualità. E’ stato un progetto per me di profonda introspezione e autoanalisi. Volevo semplicemente imparare a conoscere mia madre, e quindi riconoscerla, farlo con umiltà, senza sovrastrutture. Riscriverla da capo.
Per realizzare tutto ciò, sono voluta partire dall’inizio: il suo. Sono andata a frugare tra le vecchie e impolverate foto di famiglia, quelle dei miei nonni materni, e ad una ad una le ho tirate fuori. Dietro ad alcune vi erano riportati il luogo e la data di scatto; quelle più vecchie non conoscevano ancora i colori, in altre se ne intravedevano alcuni, ancora un po’ sbiaditi. Molte di queste fotografie sono state scattate nei luoghi dove continuiamo a vivere con la mia famiglia: in periferia d’inverno, al mare e in campagna nelle stagioni più calde. Ho ripercorso l’esistenza di mia madre dalla sua nascita fino ad oggi attraverso delle fotografie, e poi ci ho disegnato sopra. Ho trasformato il suo corpo, il suo volto, la sua intera figura in illustrazioni, lavorando in digitale servendomi di una tavoletta grafica. Ho ripassato linea per linea, punto per punto.
Nei primi anni ‘20 del 900 è stato il Dadaismo berlinese a scoprire (o meglio riscoprire) la forza politica e dirompente di una tecnica come quella del fotomontaggio, inventata più di mezzo secolo prima. Le immagini iniziavano ad essere manipolate, forme e simmetrie organizzate visivamente a proprio piacimento tramite lavori manuali di copia e incolla. Tuttavia, era comune l’opinione secondo la quale l’identità del fotografico fosse negata dal suo stesso “fingere d’essere un quadro”.
Oggi, 2016, trovandomi di fronte all’opportunità di sviluppare questo progetto, ho avuto la prova tangibile dell’esatto contrario: alle volte i ruoli si invertono, e i maestri diventano allievi, e le madri diventano figlie. Oggi, quell’identità del fotografico così contraddetta in passato, è stata strumento primario fine allo studio di una identità ben precisa: quella di mia madre. Ho riscoperto di lei l’innocenza di un volto bambino, le posture dell’insicurezza, le prime rughe. L’essere figlia.


Madri, origini del mondo. Mia madre, l’origine del mio.

Messina, Giugno 1966

Messina, compleanno del 17 Ottobre 1968

Messina, compleanno del 17 Ottobre 1971

Messina, Settembre 1977

Taormina, autunno 1981

Campagna di Furnari, inverno 1986

Stromboli, isole Eolie, Agosto 1989

Spiaggia di Furnari, 1994

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